Venerdì 24 giugno si è svolto a Parma il quinto appuntamento della rassegna Insostenibile. Questa volta il tema è stato “la città”. A questo proposito, la sera è stato proiettato al cinema Astra il film italo-francese “La Ville Engloutie”, la città sommersa, del 2016 della regista Anna de Manincor.

“La Ville Engloutie”, l’evoluzione di una città industriale dopo la chiusura delle sue industrie

Con quest’opera l’autrice ha cercato di raccontare la storia della città di Chalon-sur-Saône dopo l’abbandono delle industrie nate lungo il fiume, tra cui certamente emerge il nome della Kodak; il passaggio dalle pellicole al digitale ha portato, infatti, alla rapida chiusura del suo stabilimento e ne è seguita una repentina diminuzione della popolazione della città da 54/55 mila abitanti a circa 46 mila. E in effetti è proprio il filmato del crollo di questo edificio ad occupare i primi istanti del film.

Viene raccontato come, dopo la prima inondazione del fiume Saône del 1983, questo fenomeno è diventato sempre più frequente portando ad un progressivo aumento del livello dell’acqua, trasformando la città in una sorta di arcipelago.

Luoghi ancora vivi

Nel corso del film vengono seguiti degli intervistati nell’esplorazione dei luoghi che, come esplicitato durante il dibattitto seguito alla proiezione, non avevano ancora concluso la loro utilità.
Inoltre viene raccontato che, nonostante il livello dell’acqua si sia alzato nel tempo e molto sia cambiato, alcune famiglie hanno continuato a rimanere in quei luoghi, abituandosi presto ai nuovi cambiamenti, per poter continuare a viverci.

Oggetti abbandonati, ma non santificati

Uno dei quesiti del film in particolare riguarda cosa ne sarà di questi spazi nel tempo. Una delle intervistate ipotizza che ci sarà una nuova distribuzione delle proprietà e gli uomini si troveranno a dover convivere con luoghi in cui la natura avrà ripreso ciò che le appartiene.
Comunque emerge una volontà di non santificare nulla proprio per consentirne la conservazione. Questi spazi continueranno ad essere utilizzati, anche se non più efficienti, anche se ce ne sono di migliori, anche se col tempo alcuni saranno abbandonati.

Una città staccata dal tempo

Nella presentazione, il film è stato presentato come fantascientifico, infatti, nell’approccio alla sua realizzazione si è deciso di raccontare questa città “inventandola”, cioé è stato chiesto agli abitanti di immaginare quei luoghi nel 2040, come se non avesse senso interrogarli nel presente, ma fosse più utile immaginarne la loro evoluzione. E, infatti, il film è realizzato per lo più senza colori, quasi per staccare la città dal tempo.

Immagini che parlano…

Personalmente ho trovato questo film molto interessante: si percepisce, infatti, guardandolo proprio questa intenzione “fantascientifica”. Credo sia stato un ottimo modo di raccontare, anche perché – e forse soprattutto per questo- a volte si finisce per essere presi più dalle immagini che dai dialoghi.

di Nicola Sabatelli